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“ORA SAPPIAMO CHE È UN DELITTO IL NON RUBARE QUANDO SI HA FAME”: LA CASSAZIONE CANTA DE ANDRÉ

3 Maggio 2016Autore: admin

13162390_10209542254821396_1858324211_nUn uomo era stato condannato in primo grado per aver rubato, all’interno di un supermercato, dei generi alimentari.

Il lieto fine di questa triste storia è stato riscritto dalla V sezione della Cassazione penale con la sentenza n. 18248/16. I giudici di legittimità hanno stabilito che il furto di generi alimentari, dettato dalle precarie condizioni di vita, può essere scriminato dalla causa di giustificazione dell’art. 54 c.p.

La Suprema Corte non ha infatti ritenuto corretta la condanna, a carico di uno straniero senza fissa dimora, pronunciata dalla Corte d’Appello di Genova, per il delitto di furto di cui all’art. 624 c.p., avente ad oggetto due confezioni di formaggio e una di wurstel per un valore complessivo di circa quattro euro.

Il Procuratore generale presso la Corte d’Appello, aveva impugnato la sentenza di condanna per errata applicazione di legge circa la qualificazione del reato, come consumato e non come tentato, e la mancata applicazione del nuovo art. 131bis c.p. al caso concreto.  La Suprema Corte è andata oltre escludendo totalmente l’antigiuridicità del fatto ritenendolo scriminato dello stato di necessità: l’imputato “si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad un’ immediata esigenza di alimentarsi”.

Occorre segnalare la lodevole iniziativa del Procuratore generale che, in “tempi difficili”, si è attivato, con estrema sensibilità, a tutela di una situazione  sostanzialmente fuori dai canoni dell’ordinamento penale.

OFFICINALEX

Studio Legale Bartoletti Ascenzi

Federico Melis

 

Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 7 gennaio – 2 maggio 2016, n. 18248

Presidente Fumo – Relatore Morelli

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata, la Corte d’Appello di Genova ha confermato la sentenza del Tribunale di Genova dei 24.10.13 che condannava alla pena di giustizia, previa concessione dell’attenuante di cui all’art.62 n°4 c.p. con giudizio di equivalenza sulla recidiva, O.R., ritenuto responsabile di furto. Propone ricorso il Procuratore Generale deducendo violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica dei fatto e difetto di motivazione in ordine alla prospettata derubricazione dei reato consumato in reato tentato ed alla applicazione della previsione di cui all’art.131 bis c.p. Si sostiene che la Corte d’Appello non avrebbe valutato la possibilità di ritenere configurabile la fattispecie di cui all’art.626 n°2 c.p. (considerato che l’imputato, persona straniera senza fissa dimora, si era impossessato di generi alimentari del valore di 4 euro) e, in ogni caso, l’ipotesi tentata, dal momento che l’imputato era stato notato da un cliente mentre si impossessava della merce ed era stato immediatamente segnalato al personale che l’aveva bloccato, ottenendo la pronta restituzione dei beni. II ricorrente reputa, in ogni caso, sussistenti i presupposti per l’applicazione dell’art.131 bis c.p. non ostandovi la contestata recidiva. Ha presentato una memoria il difensore d’ufficio dell’imputato sostenendo le argomentazioni svolte nel ricorso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il Tribunale ha dato conto dei motivi per cui ha escluso che, nel caso di specie, fosse configurabile il reato tentato ( l’autore del fatto non fu seguito e sottoposto a sorveglianza da parte del personale dei negozio, ma semplicemente sorpreso da un cliente mentre infilava in tasca la merce). La Corte d’Appello ha replicato alla doglianza difensiva relativa alla mancata configurazione dei furto lieve per bisogno con argomentazioni che non possono essere condivise, avendo travisato le risultanze processuali che, se correttamente interpretate, portano a concludere per la sussistenza della scriminante di cui all’art.54 c.p. Il furto ha avuto per oggetto due porzioni di formaggio ed una confezione di wurstel del valore complessivo di quattro euro; l’imputato ha pagato alle casse soltanto una confezione di grissini ed ha nascosto gli altri generi alimentari sotto la giacca ( a quanto risulta dalla sentenza di primo grado). Risulta altresì dalla lettura delle sentenze di merito, come l’O. fosse soggetto privo di dimora e di occupazione. La condizione dell’imputato e le circostanze in cui è avvenuto l’impossessamento della merce dimostrano che egli si impossessò di quel poco cibo per far fronte ad una immediata ed imprescindibile esigenza di alimentarsi, agendo quindi in stato di necessità. L’accertamento, in questa sede, dell’esistenza di una causa di giustificazione impone l’annullamento della sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato (Sez.U n.40049 del 29.5.08 Rv.240814).

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non costituisce reato

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