OMESSO MANTENIMENTO DEI FIGLI: QUALI RISCHI SI CORRONO?

18 Aprile 2018Autore: admin

I procedimenti penali per il reato di cui all’art. 570 c.p. (violazione degli obblighi di assistenza familiare) affollano le aule di giustizia.

Ma quando può effettivamente dirsi integrato tale reato?

In particolare, quando un genitore può sottrarsi a tale obbligo?

Sul punto è intervenuta con una recentissima pronuncia la Corte di Cassazione con sentenza n. 13849/2018.

Il fatto

La Corte ha respinto il ricorso di uomo condannato per aver fatto mancare i mezzi di sussistenza alla figlia (art. 570, comma 2 n. 2 c.p), il quale, a giustificazione della propria condotta illecita, adduceva una riduzione drastica dei redditi da lavoro in virtù della crisi subita dal settore degli autotrasportatori.

Secondo la difesa, la parziale corresponsione dell’assegno di mantenimento nonché l’assegno familiare percepito dalla madre della minore, in aggiunta alle spese straordinarie mediche, sportive, e per il vestiario versate dall’imputato avrebbero dovuto portare la Corte a concludere per l’avvenuto soddisfacimento delle esigenze primarie della figlia.

La Corte, però, non è stata dello stesso avviso ed ha confermato l’impianto dei giudici di merito.

L’istruttoria dibattimentale ha fatto emergere che, sebbene l’imputato si fosse impegnato consensualmente a versare il mantenimento alla figlia, fatta eccezione per i primi due mesi in cui aveva effettuato sporadici  versamenti ( 50,00 €- 100,00 €), si era comunque venuta a creare una situazione di necessità per la parte offesa, la quale, anche pur percependo minimi compensi come domestica, si era trovata a ricorrere all’aiuto dei familiari per far fronte alle esigenze fondamentali della vita della minore.

La norma incriminatrice dispone che: “Chiunque, abbandonando il domicilio domestico, o comunque serbando una condotta contraria all’ordine o alla morale delle famiglie, si sottrae agli obblighi di assistenza inerenti alla responsabilità genitoriale (3) o alla qualità di coniuge [143, 146], è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa da centotre euro a milletrentadue euro. Le dette pene si applicano congiuntamente a chi: 1) malversa  o dilapida i beni del figlio minore  o del coniuge; 2) fa mancare i mezzi di sussistenza ai discendenti [540; 75] di età minore , ovvero inabili al lavoro, agli ascendenti [540; 75] o al coniuge, il quale non sia legalmente separato per sua colpa. Il delitto è punibile a querela della persona offesa salvo nei casi previsti dal numero 1 e, quando il reato è commesso nei confronti dei minori, dal numero 2 del precedente comma. Le disposizioni di questo articolo non si applicano se il fatto è preveduto come più grave reato da un’altra disposizione di legge”

Per la giurisprudenza maggioritaria nel concetto di mezzi di sussistenza, di cui al comma 2,rientrano non solo il vitto e l’alloggio, ritenuti necessari per la sopravvivenza vitale ma anche “gli strumenti che consentano, in rapporto alle reali capacità economiche e al regime di vita personale del soggetto obbligato, un sia pur contenuto soddisfacimento di altre complementari esigenze della vita quotidiana” (cfr. sent. n. 12400/2017).

La decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha così enucleato il principio della incapacità assoluta dell’obbligato, unico fattore in grado di rendere la condotta penalmente irrilevante.

Ed infatti, secondo la giurisprudenza di legittimità,  incombe all’interessato l’onere di allegare gli elementi dai quali possa desumersi l’impossibilità di adempiere alla relativa obbligazione a nulla rilevando “la generica indicazione dello stato di disoccupazione”.

È stato del tutto inutile per l’imputato ricorrente far presente ai giudici di aver contratto un mutuo per affrontare il debito, circostanza che al più avrebbe fatto venir meno l’elemento soggettivo richiesto dalla norma.

Tale condotta, inoltre, secondo la corte, sarebbe avvenuta soltanto dopo che la madre della minore aveva instaurato un procedimento civile al fine di ottenere l’adempimento del debito.

Sulla base di tali premesse la Corte ha rigettato il ricorso.

Premesso, quindi, che è l’obbligato a dover dimostrare di non avere potuto adempiere al proprio obbligo per incapacità economica, si rileva come né la condizione di disoccupato né generiche difficoltà economiche in cui versi l’obbligato escludono il reato, dovendo trattarsi, per lo stesso, di vera e propria indigenza economica e di impossibilità assoluta ed incolpevole ad adempiere all’obbligazione contratta.

A cura di

Avv. Simona Vettori

 

 

 

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